(F.B.) Agricoltore o allevatore prima, oste dopo. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro chiarisce che per poter esercitare l’attività agrituristica, è necessario che la gestione principale dell’impresa sia legata all’agricoltura. A far luce sulla questione che negli anni ha alimentato più e più dibattiti normativi è la nota n. 5486 emessa dall’INL il 16 luglio 2024.

Secondo quanto sancito, per aprire e gestire un agriturismo non basta dedicarsi all’accoglienza di ospiti. Al contrario, attività come la coltivazione di terreno o l’allevamento devono avere un maggiore peso nei bilanci di chi si dedica al settore agrituristico. L’ospitalità, in sintesi, deve essere svolta in maniera complementare e in forte connessione con l’attività agricola. Proprio su questo legame insistono, tra l’altro, vari pronunciamenti della Corte di Cassazione (vedere sentenze n. 11076/2006, n. 10905/2011 e n. 16685/2015). L’equilibrio dovrà essere garantito per non perdere lo status di azienda agricola e non passare a una classificazione pienamente commerciale.

È richiesta attenzione anche sul fronte ristorazione: già nel 2020 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro aveva reso noto che una prevalenza di entrate generate dai pasti rispetto a quelle dall’attività agricola e un abbondate utilizzo di prodotti non aziendali costituissero una causa di possibile esclusione dal settore agrituristico. Vero è che tutto questo necessità di un’interpretazione sulla base delle normative dettate dalle singole Regioni che, fra le altre cose, stabiliscono i criteri per garantire che l’attività agricola prevalga su quella agrituristica. In caso vi fossero accertamenti ispettivi, il controllo dovrà essere condotto riferendosi sia alle normative nazionali che ai principi fissati da ogni Regione.

A dimostrazione del rapporto di subordinazione che deve sussistere tra i due settori, le modifiche introdotte dal D.L. n. 73/2021 confermano che coloro che lavorano nel settore agrituristico sono considerati come parte del settore agricolo, anche quando sono impegnati nelle attività di ospitalità. Lo stesso decreto legislativo riconosce l’impossibilità di considerare il tempo di lavoro come parametro per valutare la prevalenza dell’attività agricola su quella agrituristica. Di fatto quindi le responsabilità demandate alle Regioni sono maggiori anche se il rapporto tra le due attività è più semplice da confrontare.

 

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