(F.B) Un articolo sul mondo dell’arte in una testata sul turismo. Malgrado il collegamento possa risultare in disarmonia, a fare da legante tra Maurits Cornelis Escher e il turismo è il rapporto dell’artista olandese con l’Italia e, per essere precisi, con alcune località del territorio nazionale.

È stata la mostra “Escher”, allestita a Roma negli spazi di Palazzo Bonaparte in occasione del centenario della prima visita dell’artista nella Capitale, a far emergere una passione inedita (o, perlomeno, da approfondire) che l’artista ha avuto per l’Italia e i suoi meravigliosi scorci. Passione talmente forte da portarlo a vivere a Roma, dove tra il 1923 e il 1935 ha abitato al civico 122 di via Poerio, nel quartiere di Monteverde vecchio.

Il percorso espositivo è stato realizzato e curato da Arthemisia, leader a livello nazionale nella produzione, organizzazione e realizzazione di esposizioni artistico-culturali e ha permesso di entrare in contatto con circa 300 opere, alcune delle quali inedite. Dal 31 ottobre 2023 al 5 maggio 2024, attraverso le realizzazioni proposte, un vasto pubblico ha potuto toccare con mano, occhi e cuore anche la fase italiana di Escher, dalla quale filtra con trasparenza il vortice di emozioni – ora meraviglia, ora stupore – che molti luoghi dell’Italia hanno regalato all’artista.

Stando a quanto è stato possibile apprendere durante la visita alla mostra di Palazzo Bonaparte, per Maurits Cornelis Escher i primi contatti con le nostre regioni sono iniziati nel 1921, quando il maestro olandese decise di visitare la Toscana, l’Umbria e la Liguria. Terre di storia, arte e cultura, ma soprattutto bellezza, che lo hanno stregato a tal punto, come già anticipato, da trattenerlo a Roma come residente per ben dodici anni, una volta finiti gli studi.

Già nel periodo romano, la Capitale ebbe una forte influenza su tutto il suo lavoro successivo che lo vide prolifico nella produzione di litografie e incisioni soprattutto di paesaggi, scorci, architetture e vedute di quella Roma antica e barocca che lui amava indagare nella sua dimensione più intima, quella notturna, alla luce fioca di una lanterna.

Le notti passate a disegnare, seduto su una sedia pieghevole e con una piccola torcia appesa alla giacca, sono annoverate da Escher tra i ricordi più belli di quel periodo, fissati su carta nella serie dei 12 Notturni romani, prodotta nel 1934 ed esposta integralmente nella mostra di Arthemisia. A quelle bellezze che ancora oggi attirano grandi folle di turisti in Capitale è stato reso omaggio anche in numerose altre opere tra cui due particolari litografie esposte all’interno della mostra capitolina, rispettivamente datate 1932 e 1933, la cui protagonista è la Basilica di San Pietro (nella prima vista insieme alla piazza antistante dalla Chiesa dei Santi Michele e Magno, nella seconda ritratta da un’insolita prospettiva interna che ne esalta l’imponente cupola).

Poco dopo quella romana, la bellezza mediterranea non tarda a insinuarsi nei pensieri di Escher: ogni primavera, dal 1927 al 1935, l’artista viaggiò insieme a un gruppo di amici da Roma al Sud dell’Italia con un preciso obiettivo: trovare paesaggi da immortalare.

Escher, olandese di nascita ma con un cuore ormai rapito dall’Italia, rimase particolarmente colpito dalle città costiere della Calabria e dall’architettura moresca di alcuni paesi incontrati durante il passaggio sulla costiera amalfitana.

A partire dal chiostro di Rocca Imperiale, in Calabria, e sconfinando a quello dell’antico convento benedettino di Monreale in Sicilia, sono numerosi i luoghi e gli scorci che ispirarono Escher tanto da essere promossi a soggetti di litografie, xilografie di testa e disegni a matita. Ad attrarre il Maestro in maniera particolare, fu la città di Atrani, fisicamente quasi unita ad Amalfi e in posizione dominante sul mare sottostante.

La litografia del 1931, presente nel percorso espositivo allestito a Palazzo Bonaparte, rende perfettamente chiaro allo spettatore che la precisione geometrica del piccolo paese in provincia di Salerno sembrò far quasi “scattare una molla” di ammirazione e, addirittura, amore in Escher. Basti pensare che in una delle più famose opere, la xilografia del 1939-40 “Metamorfosi II”, Atrani è parte attiva nel lungo percorso di trasformazione degli elementi riprodotti, originando da un motivo di blocchi tridimensionali e terminando con la fusione in una scacchiera con tanto di partita ancora in corso (off-topic per i curiosi: al nero bastano due mosse per ottenere la vittoria).

Tra le regioni che hanno affascinato Escher anche l’Abruzzo, ancora oggi rinomato territorio a livello turistico, rappresentato dall’artista olandese in uno dei suoi mondi impossibili e visibile in “Natura morta con specchio”, litografia del 1934 in cui la strada raffigurata all’interno della superficie riflettente è stata ispirata da uno schizzo del borgo di Villalago realizzato in precedenza.

 

“…Voglio trovare la felicità nelle cose più piccole, come una pianta di muschio di due centimetri che cresce su una roccia e voglio provare a lavorare a quello che desidero fare da tanto tempo: copiare questi soggetti minuscoli nel modo più minuzioso possibile…”

 

Così Escher scrive in una lettera spedita da Ravello, a testimonianza di come i luoghi d’Italia e la concentrazione sulle strutture geometriche di panorami ed elementi della natura abbiano innescato un forte coinvolgimento emotivo – ai limiti dell’amoroso. Nel 1935 l’artista si trasferisce in Svizzera per allontanarsi dal fanatismo del regime fascista, da lui considerato inutile e pericoloso. L’Italia resta un ricordo vivido che oggi può ancora tornare in vita grazie alla vasta eredità artistica e, ancora prima, con una visita “da turista” a tutti quei luoghi che rubarono il cuore a Escher.

 

Immagine in evidenza di Ehud Neuhaus su Unsplash

 

© Riproduzione riservata