Destination Duping: perché alla meta originale si preferisce sempre di più la copia
Il fenomeno non riguarda solo la scelta di destinazioni meno conosciute, che tendenzialmente sono anche più economiche e meno affollate ma anche il desiderio di “uscire fuori dal coro”
Sognare una meta da visitare per poi partire alla volta del suo clone più fedele. La nuova tendenza che corre tra i social e attira soprattutto la Generazione Z chiama “destination duping” e, al di là di quanto si possa pensare, va oltre il semplice risparmio economico.
Il fenomeno non riguarda solo la scelta di destinazioni meno conosciute, che tendenzialmente sono anche più economiche e meno affollate ma anche il desiderio di “uscire fuori dal coro” verso mete alternative e sorprendenti, spesso anche più convenienti, sparse in tutto il globo.
Parlando in termini di overtourism e di saturazione delle destinazioni, la tendenza risponde alle sfide del turismo di massa, offrendo esperienze qualitativamente migliori, sia per i viaggiatori che per i residenti delle destinazioni turistiche.
Grazie al social sharing e alle guide cartacee digitali c’è infatti il rischio che le località turistiche più popolari diventino così affollate da impedire ai visitatori di godere appieno dei servizi e delle esperienze che caratterizzano la destinazione, spesso in linea con ciò che vivono i residenti. Proprio loro, tra l’altro, si potrebbero veder costretti a usufruire di servizi più costosi, pensati principalmente per i turisti, a causa del rapporto sbilanciato tra domanda e offerta.
Parlando degli attori del destination duping, quella definitiva come Generazione Z sta, dati alla mano, dimostrando una sensibilità maggiore alle problematiche di overtourism rispetto alle generazioni precedenti. Non è poi una novità che i giovani abbiano bisogno di esperienze forti e, soprattutto significative, ricercate sempre spesso mettendo una mano sul cuore e l’altra nel portafogli.
Tra le destinazioni “dupe” più in voga, in una recente classifica stilata da un noto settimanale femminile italiano trionfano Paros, in Grecia, invece di Santorini, Sapporo in Giappone al posto di Zermatt in Svizzera e l’italiana Palermo scelta in favore di Lisbona.
Da qualche anno la tesi che “bello vuol dire costoso” non regge più e, non me ne vogliano gli aficionados delle mete da Paperoni, il concetto di “smart” inteso come intelligenza e senso di adattamento tipico delle nuove generazioni si vede proprio nel voltare le spalle al cliché in favore del nuovo e del non commerciale. Copiato, non copiato, non gli importa: se la destinazione è bella, costa pure poco e per giunta offre la possibilità di uscire dalla routine quotidiana in stile “ruota di criceto”, giovani e meno giovani che sposano l’idea del destination duping prendono e partono. Meglio la meta, anche copiata, che la destinazione sognata e mai raggiunta.
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