(F.B) Arrivano notizie confortanti per il settore turistico che si può finalmente dire tornato ai livelli pre-pandemia. A dichiararlo è il Centro Studi Turistici di Firenze per Assoturismo Confesercenti, che ha tracciato un primo consuntivo sull’anno turistico 2023, mentre a confermarlo ci pensano i numeri: con 445,3 milioni di presenze registrate nelle strutture ricettive e un aumento del +8,1% rispetto al 2022, nell’anno che si è chiuso da poco il turismo ha superato i livelli da record già previsti negli scorsi mesi.
E c’è dell’altro: per la prima volta, i risultati sono superiori anche al periodo antecedente la pandemia 2019. Stando ai dati, infatti, le presenze turistiche del 2019 erano state 436,7 milioni, circa 8,6 milioni in meno.
Dall’area notizie del sito Confesercenti, si legge chiaramente che “ il forte incremento dei turisti stranieri, che trainano ancora la domanda, ha contribuito in modo determinante a compiere il sorpasso sul 2019: le presenze estere segnano il +13,7% sul 2022 e in valori assoluti si attestano a oltre 228,5 milioni (220,6 milioni nel 2019)”.
Non mancano tuttavia alcune zone d’ombra, poiché: “il rafforzamento del mercato italiano è più debole, con un aumento del +2,8% sullo scorso anno, per un totale di 216,8 milioni di pernottamenti (216 milioni nel 2019). Il Sud e le Isole sono l’area che chiude l’anno con i valori di più bassa crescita: +4,4%. Si registrano, inoltre, aumenti al di sotto della media nazionale anche per il Nord Est (+7%) a differenza del Nord Ovest (+11,7%) e del Centro (+10,4%) dove le stime riportano invece una crescita di oltre 2 punti percentuali rispetto alla media”.
Ponendo l’attenzione sul tipo di vacanze maggiormente gradito, dai dati di Assoturismo-CST sappiamo che tutte le aree-prodotti hanno registrato nell’insieme aumenti della domanda turistica. Tra quelle più apprezzate nel 2023, conquistano il primo posto della classifica le strutture ricettive delle città/centri d’arte (+11,4%) e della montagna (+11,1%). Stime altrettanto positive emergono per le strutture attive nelle aree rurali/collina (+10,3%) e del termale (+10,2%). Buoni, inoltre, i risultati anche per le località dei laghi (+9,6%) ed “altro interesse” (+9%). Mentre a frenare, nel corso dell’anno, è il settore balneare: la stima riporta infatti la crescita più bassa dei flussi turistici (+3%), a causa della flessione – in particolare – della domanda italiana.
“Sulle previsioni delle imprese ricettive per il primo trimestre 2024 – fa sapere il Centro Studi Turistici di Firenze per Assoturismo Confesercenti – emerge qualche elemento di incertezza: per il 59,6% degli intervistati, infatti, la prima parte dell’anno dovrebbe caratterizzarsi con un trend di stabilità (nel primo trimestre 2023 la crescita media della domanda raggiunse il +30%). Per il 19,7%, invece, le aspettative sono di un incremento dei flussi e il 20,7% circa prevede, infine, un decremento dei flussi turistici. Gli imprenditori che hanno manifestato una preoccupazione maggiore sono quelli attivi nelle località marine e nelle aree rurali e di collina”.
Vero è che comunque un po’ più di ottimismo traspare, da parte delle imprese localizzate nelle città e centri d’arte. Instabilità geopolitica, crescita economica lenta nell’area euro ed inflazione condizionano ancora la ripresa per il prossimo anno.
“Dopo tre anni lunghissimi, il turismo torna finalmente a recuperare i livelli di presenze turistiche del pre-pandemia, grazie anche all’aumento dei turisti stranieri. La dimostrazione che la promozione sui mercati esteri è fondamentale, ma anche un segnale positivo e un buon auspicio anche per il nuovo anno”, commenta Vittorio Messina, Presidente di Assoturismo Confesercenti.
“Il turismo dimostra ancora una volta la sua resilienza e capacità di essere settore trainante per l’economia di tutto il Paese, ma bisogna continuare a sostenerlo – chiude Messina – anche perché il recupero delle presenze rispetto al pre-pandemia avviene in un contesto mutato e comunque difficile per le imprese, a partire dall’aumento del costo del denaro e dalle incertezze della domanda interna generate dall’erosione del potere d’acquisto”.
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