Viaggiare in Scozia: un racconto di turismo lento tra natura, pub e serie TV (intervista + podcast)
Il diario di viaggio di Agnese, studentessa di 23 anni che ci ha portato a scoprire le meraviglie della Scozia, i tipi di turismo più diffusi e le differenze con il modello di accoglienza italiana
Per la maggioranza degli amanti dei viaggi, probabilmente, Scozia è l’equivalente di stupore. Parlarne senza far cenno alla natura vasta, alla musica onnipresente, ai pub tipici e alle serie tv che attirano migliaia di visitatori all’anno sarebbe riduttivo.
Solo chi ci è stato è capace di rievocare i suoi suoni, le atmosfere calme e, in certi casi, anche la tristezza provata nel momento dell’arrivederci. Per questo e per capire al meglio le differenze tra il turismo e l’accoglienza scozzese rispetto all’offerta italiana, la redazione ha intervistato Agnese, una giovane studentessa di 23 anni che ha avuto modo di apprezzare direttamente le diverse mète e sfaccettature durante un viaggio in Scozia. L’intervista è disponibile come podcast da ascoltare su Spotify, Apple Podcast e Amazon Music.
Partendo dal dato ufficiale riportato nel sito del Governo Inglese secondo cui nel 2023, anno della visita dell’intervistata, la Scozia ha accolto circa 4 milioni di visitatori internazionali, di cui circa il 63% in viaggio per motivi di vacanza, abbiamo chiesto quale fosse stato l’itinerario seguito.
“Con la mia famiglia siamo partiti con l’aereo da Bologna per atterrare a Edimburgo dove siamo stati circa tre giorni – spiega Agnese. – con il treno ci siamo poi spostati nella Nortumbria, una regione nel nord dell’Inghilterra, per visitare il Castello di Bamburg. Da lì abbiamo fatto poi tappa a Inverness per poi ripartire verso l’isola di Skye e fermarci a Portree”.
Arrivati sull’isola, famosa per i suoi panorami per la vastità della natura, Agnese ha fatto ritorno a Edinburgo per poi ripartire verso l’Italia. Durante il tragitto, una tappa a Glencoe, villaggio nelle Highlands scozzesi.
Il viaggio in macchina come fulcro e il ‘mal di Scozia’ all’arrivederci
“È stato un tour on the road standard per avere un’infarinatura generale della Scozia – spiega Agnese. E ci rivela: “ho vissuto il viaggio in macchina come il fulcro, la parte centrale del viaggio in Scozia, tant’è che spesso mi capitava di stare al finestrino e piangere dalla commozione per la vastità della natura”.
Durante l’intervista parliamo anche della tristezza provocata dal ritorno a casa, definita da Agnese come un caso di ‘mal di Scozia’, innescato dal lasciare “una regione o posto nel mondo in cui senti di appartenere. E io ci ho messo un po’ per riprendermi”.
Tempi di preparazione del viaggio e stagionalità in Scozia
Quanto ci vuole a pianificare un viaggio del genere?
Quando chiediamo quanto tempo sia necessario a pianificare un viaggio del genere, la risposta arriva chiara: “Minimo metà anno, cioè sei mesi circa. Per risparmiare diciamo è necessario”.
Ponendo l’attenzione sugli aspetti chiave del turismo, chiediamo che tipo di stagionalità (a livello soprattutto di clima e prezzi, ndr) possa essere, almeno secondo la percezione di un viaggiatore, quella legata al mese di settembre.
“Sicuramente non è alta – riflette Agnese – anche se non è considerabile nemmeno bassa. In Scozia la differenza tra l’alta e la bassa stagione è definita da una variabile precisa: la pioggia. ‘Quanto potenziale di pioggia ci sarà quando vado Scozia?’ è una domanda che il viaggiatore dovrebbe porsi prima di partire. Il consiglio vale anche per il mese di agosto. I miei genitori sono tornati nella settimana di ferragosto e tre/quattro giorni su sette penso abbiano piovuto”.
Possiamo parlare di un turismo fuori stagione?
“Secondo me non necessariamente – ci avverte Agnese – perché comunque quando sono stata c’era affluenza turistica, sia nei centri più grandi che nelle cittadine” Parlando di Inverness: “posso dire che era piena di turisti, sia per la vicinanza con l’importante sito storico scozzese del campo di battaglia di Culloden che per la curiosità generata dai luoghi in cui è stata girata la serie TV Outlander”.
Il turismo promosso dalle serie TV: la Scozia di Outlander
Quindi c’è del turismo collegato anche alle serie televisive?
“Sì, assolutamente, soprattutto a Outlander – ci conferma Agnese – perché e ambientata in Scozia per molti episodi delle diverse stagioni. A Edinburgo hanno gli spot, veri e propri punti di interesse valorizzati per la loro rilevanza nella serie TV. Qui puoi fare foto, ad esempio, alla tipografia del protagonista maschile, Jamie, vero e proprio archetipo dello scozzese tipo”. Rilevante anche il fenomeno del turismo mosso dall’editoria: la serie TV è tratta da libri, quindi sicuramente c’è un fanbase enorme. Outlander è il nome della città dove vivono i protagonisti quindi sicuramente è proprio una calamita”.
La serie TV e i luoghi in cui è stata girata rappresentano una sorta di “gancio” per il turismo quindi…
“Sì, come succede (in Inghilterra, ndr) con Harry Potter o a Malta nei luoghi cui è stata girata una scena de Il Conte dI Montecristo. In Scozia ci sono tour e guide organizzate che portano in giro comitive per le Lowlands e le Highlands, mostrando le location che hanno fatto da set per una puntata o per un’altra di Outlander”.
Quanto attira questo tipo di turismo? Almeno sulla base di quello che hai potuto vedere.
“Considera che noi siamo stati a Falkland – continua Agnese – che è una cittadina dove non c’è niente se non tre vie e che in Outlander è stata utilizzata come set per rappresentare il centro storico della città di Inverness. Abbiamo incontrato un gruppo di ragazze italiane insieme a una guida italo-scozzese che stava indicando e spiegando in maniera animata i diversi punti in cui si erano svolte azioni nelle puntate. ‘Qui è dove c’è stata la scena nella prima puntata di Jamie che guarda Claire’ oppure ‘qui c’è la farmacia presente in questa scena’. Come pratica è assurda, di bello hanno che si sanno vendere molto bene.
Agnese porta anche un secondo esempio: il Midhope Castle, un castello diroccato, lontano dalla civiltà ma vicino a Edinburgo, al cui interno non è possibile entrare. Pur essendo un luogo fantasma è comunque visitato da turisti perché “sempre nella serie TV Outlander, l’edificio è stato utilizzato come ambientazione della casa dei protagonisti. E non solo: un giro intorno al castello, magari anche solo per una foto, ha il costo di 6 pounds, l’equivalente di circa sette euro.
Differenze tra ospitalità scozzese e italiana
Dal punto di vista dell’ospitalità hai notato differenze tra quella scozzese e magari quella italiana?
Agnese ci spiega che a suo avviso si tratta di una concezione diversa dell’ospite. Se in Italia l’accoglienza è un vero e proprio culto fatto di calore ed emozioni manifeste, in Scozia c’è più l’impegno a essere a disposizione per domande e necessità. Da quello che riusciamo a capire quindi, gli scozzesi sono più discreti ma non per questo meno contenti di ospitare turisti. Poi, per spiegare la potenziale differenza tra i gestori di attività ricettive scozzesi rispetto a quelli italiani, ci parla dei pub.
“La musica è una parte fondamentale in Scozia e il pub è la musica. Ho notato che sono fondamentali ed è diverso anche il modo in cui si vivono. Entrare alle cinque di pomeriggio significa immergersi in un flusso costante di musica dal vivo: chitarre, fisarmoniche e violini suonano in ogni pub. Ce n’è uno ogni poche decine di metri, così vicini da avere le porte attaccate l’una all’altra. E i gestori si parlano e si aiutano molto tra loro (non sono in disaccordo, ndr). In Scozia poi si consigliano: ‘se vuoi mangiare questo piatto tipico, vai lì’, ‘se vuoi ascoltare musica dal vivo, vai lì”.
“Un’altra differenza è proprio questa, rispetto all’Italia – continua Agnese – lì c’è una trama di gestori, locali e alloggi. C’è da dire che di strutture ricettive non ce ne siano molte perché la densità di popolazione è molto più bassa di quello che sembra ed è concentrata principalmente nelle città. perché è tutta concentrata fondamentalmente nelle città. Lì è tutta natura”.
Il turismo in Scozia e il rispetto di destinazione e natura
I turisti o comunque sia i visitatori, prendono d’assalto queste mete oppure la Scozia riesce in qualche modo a preservare l’equilibrio tra gli abitanti, la natura e i visitatori?
“Dipende dai posti visitati. I luoghi in cui sono stata erano molto turistici ma talmente vasti a livello di natura che secondo me i tanti turisti erano ben disposti nello spazio. C’è molto rispetto nei confronti della natura che spesso noi qui (in Italia, nsr) tendiamo a ignorare. Ho fatto dei trekking e non ho visto mezza cartaccia per terra. Fondamentalmente è un equilibrio tra abitante e natura che cercano, secondo me, di mantenere proprio per preservare sia loro stessi dalla natura che la natura dall’abitante”.
Poi, come opposto, un paragone con Stonehenge: “Ci sono stata l’estate scorsa ed è un pacchetto confezionato a misura di turista, un souvenir. Arrivati al sito c’è un biglietto da pagare che consente di fare il giro delle pietre. È strano perché me lo immaginavo come un posto silenzioso e un mistico, considerando anche la sua lunghissima storia. Invece no: c’è chi arriva giusto per scattare la foto ‘simpatica’ e anche molto rumore dato dal gran numero di visitatori. È completamente diverso da come ho percepito l’Isola di Skye o, ancora meglio, il Fairy Glen. Si tratta di un sito piccolissimo immerso nel verde più totale dove i turisti fanno silenzio o parlano piano per non disturbare l’ecosistema del posto. Lì c’erano centinaia e centinaia di persone sparse e nessuno ha detto niente, nessuno. È molto più magico, diciamo, e ovunque in Scozia è così, tanto nei castelli quanto nelle semplici passeggiati in montagna”.
Un altro luogo portato a esempio è Culloden, sito storico e teatro dell’omonima ed efferata battaglia del 1746. “Appena arrivati si percepisce afflizione. Io pianto guardando le lapidi perché ho percepito che lì fosse passato qualcuno e successo qualcosa. È stato emotivamente carico, si provano emozioni che è difficile sperimentare altrove. In generale in tutti i luoghi della Scozia ho notato che c’è molto rispetto per il posto e questo porta a stare sempre attenti a quello che si fa. Se ci sono animali che pascolano in un prato, i visitatori sanno che non devono avvicinarsi per evitare di spaventarli. È tutto molto più educato, ecco”.
Si crea anche una sorta, penso, di connessione…
“Sì, tra l’altro l’ itinerario che ho seguito partendo dalla città per arrivare nella natura più completa mi ha portato a concentrarmi molto sul piano naturalistico e paesaggistico.
Non vedevo l’ora di vedere paesaggi nuovi e questo stimola anche la curiosità. Ogni profilo è diverso, ogni sfumatura è diversa a seconda della luce del sole, c’è un verde diverso per ogni condizione metereologica… stai lì sempre un po’ stupito e a bocca aperta, è stato proprio impressionante.
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