Vita da Host, a tu per tu con un punto di riferimento nell’ospitalità odierna (Parte 2)
Un manifesto per un'ospitalità consapevole e radicata nel territorio in cui il settore dell'hotellerie e quello dell'extralberghiero non sono antagonisti: continua la nostra intervista a Sergio Battelli
Proseguiamo la nostra esplorazione del dinamico mondo dell’ospitalità extra-alberghiera. Dopo averne delineato le origini e la crescita nel precedente appuntamento, ci addentriamo ora con Sergio Battelli, voce esperta e punto di riferimento nel settore, per capire meglio chi è l’host di oggi, quali sfide affronta e quale futuro si prospetta per l’accoglienza diffusa nel nostro Paese. Ripartiamo da una domanda cruciale: a chi si rivolge chi opera in questo campo?
Sergio, tanto per chiarire, chi sono gli host a cui ti rivolgi? Parliamo di chi ha una stanza sfitta e vuole arrotondare senza troppo impegno o di chi sente una vera passione e lo vede come un lavoro a tutti gli effetti?
Battelli: “Guarda, questa è un’ottima domanda ed è un punto su cui ho sempre riflettuto. Cerco di essere molto sincero: oggi, nel 2025, fare l’host è cambiato. Se qualche anno fa poteva essere un ‘provo con la casa che ho’, adesso il mercato è decisamente più complesso, con molta più concorrenza ed esigenze elevate. Per questo tendo sempre a sottolineare che fare l’host non è un gioco. Purtroppo, sui social, molti profili lo fanno sembrare un modo facile per fare soldi con un click, e questo secondo me è un problema. Rendere eccessivamente semplice questa attività è fuorviante, perché è un lavoro vero e proprio, che richiede investimenti e, più che essere ‘professionisti’ in senso stretto, richiede di essere sempre più ‘professionali’, che non è la stessa cosa.”
“Io parlo tendenzialmente a chi si approccia a questo mondo e vuole capire davvero come funziona ” continua Battelli, ” col tempo, si crea un rapporto di fiducia, perché cerco di essere onesto – e oggi sui social l’onestà non è scontata. Spiego che certe cose richiedono impegno, che non è tutto semplice come sembra e che non bisogna farsi abbindolare da approcci semplicistici. È un lavoro a tutti gli effetti, impegnativo, ma che, fatto in un certo modo, dà grandi soddisfazioni.”
“Ho la passione,” aggiunge, “di dare spazio alle innovazioni, ad esempio tramite dirette con startup. Ci sono molte startup interessanti che presentano prodotti nuovi, tanta intelligenza artificiale, software, aziende specializzate… tutte cose molto interessanti che molti host non conoscono. Amo fare dirette (video in diretta sui social, ndr) con questi nuovi player, li cerco io stesso perché credo nel valore che portano e voglio dargli voce. Non faccio la classica marchetta sponsorizzata; se trovo un’azienda o un’idea che ritengo valida, la invito a raccontarsi. Poi sta all’host capire se fa per lui. Voglio essere un megafono anche per queste realtà, perché intorno agli host lavorano tantissime persone, un indotto enorme nel settore turistico ed extralberghiero. Parliamo di oltre un milione di persone in Italia, non è un settore di nicchia. Il turismo è una locomotiva per il nostro Paese, non dimentichiamolo mai.”
Assolutamente. E a proposito di turismo, come vedi il futuro dell’accoglienza in Italia?
Battelli:”Allora, nonostante alcune associazioni siano molto agguerrite contro l’extralberghiero, io sono convinto che questo settore e quello alberghiero possano tranquillamente procedere su binari paralleli, senza pestarsi i piedi, perché offrono servizi completamente diversi. Pensa ai borghi della Toscana, dell’Umbria, ma anche alle grandi città: da un lato hai l’hotel di lusso, con prezzi e servizi elevati, destinato a un target ben definito. Dall’altro, hai strutture extralberghiere che permettono un turismo più ‘democratico’. Tante famiglie oggi vogliono e devono poter visitare le città d’arte e, soprattutto, scoprire i piccoli borghi.”
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“È proprio qui il punto,” sottolinea Battelli. “I piccoli borghi stanno rinascendo grazie ai B&B, agli appartamenti, agli host che stanno contribuendo a ripopolare aree che altrimenti morirebbero. Io sono ligure, conosco tantissimi borghi gioiello dell’entroterra che erano abbandonati perché mancava lavoro, i giovani se ne andavano. Come li ripopoliamo? Con strutture leggere, non certo costruendo nuovi hotel. Lo possono fare i piccoli host, affittando due stanze, portando stranieri che vogliono vedere questa Italia autentica. Sì, vogliono vedere il Colosseo, gli Uffizi, il Duomo, ma cercano anche altro.”
“Questo significa far rinascere i territori,” prosegue, “con ristorantini, prodotti locali… tutto un ecosistema che l’accoglienza tradizionale non può gestire allo stesso modo. Questo è un compito specifico dell’extralberghiero. Ho parlato di recente con una ragazza siciliana di un paesino dell’entroterra, non turistico: mi ha raccontato che in pochi anni è rinato grazie agli stranieri, con l’apertura di botteghe contadine, piccoli bistrò… sta rinascendo un mondo pazzesco. Chiaramente, il lusso ci sarà sempre, sia negli hotel che nell’extralberghiero. Credo però che assisteremo a una divisione sempre più netta: da una parte l’hotel con servizi di altissimo livello, dall’altra l’extralberghiero. Sono un po’ brutale su questo: penso che per l’ibrido – la strutturina ereditata dalla bisnonna e lasciata uguale, la pensioncina anni ’70 senza grandi servizi – ci sarà sempre meno spazio. Ci sarà spazio per B&B, affittacamere, appartamenti curati che seguono i tempi e richiedono investimenti, e per chi cerca servizi alberghieri di alta gamma.”
“Dire che l’extralberghiero non dia un apporto gigantesco a questo Paese è semplicemente falso,” afferma con decisione. “Dobbiamo partire dal presupposto che sono servizi diversi. La casa vacanza o il B&B non offrono ciò che offre l’hotel. Possono e devono convivere.”
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Questo spesso non viene capito…
Sergio Battelli: “No, non viene capito. E purtroppo in Italia, lo dico senza peli sulla lingua, c’è sempre un approccio molto timoroso quando si parla di concorrenza. Ma il mondo va avanti, la concorrenza esiste. E qui, secondo me, non è nemmeno una questione di concorrenza diretta per la maggior parte dei casi, proprio perché i servizi sono diversi. La vera concorrenza, forse, la subiscono quelle strutture ‘né carne né pesce’, ferme agli anni ’70, mai ristrutturate, senza servizi chiari. Per loro, forse, il tempo è un po’ passato. Il mercato, il turista, oggi chiede altro.”
“L’accoglienza italiana è tra le migliori al mondo,” conclude Battelli, “ma da un punto di vista business, il ‘prodotto’ turistico va declinato secondo le esigenze del mercato. Quindi, vedo un futuro con strutture alberghiere molto qualificate, costose e ricche di servizi, e un mondo extralberghiero variegato, che può includere anche il lusso, ma che offrirà soprattutto un’accoglienza diversa, più autentica. Lo dico sempre: lo straniero che viene in Italia spesso non cerca la standardizzazione delle grandi catene, dove ogni stanza è uguale nel mondo. Magari l’americano, il cinese, l’australiano vuole parlare con l’host che ha aperto un B&B in un paesino sperduto dell’entroterra ligure perché si è inventato qualcosa di unico. Vuole vedere quella parte d’Italia, non il solito hotel business. Queste due realtà non si scontrano, ma integrano e fanno crescere il Paese. Poi, certo, nelle grandi città d’arte l’intersezione è maggiore, c’è più concorrenza diretta, è vero. Ma, ripeto, restano servizi diversi, profondamente diversi.”
L’analisi di Sergio Battelli va oltre la semplice descrizione di un settore; è un manifesto per un’ospitalità consapevole e radicata nel territorio. Emerge la figura di un host non più improvvisato Cicerone di provincia, ma imprenditore attento, curatore di esperienze autentiche e, quasi involontariamente, agente di riqualificazione urbana e sociale. La sua visione non nega le complessità o le necessarie professionalità, anzi le abbraccia come inevitabile evoluzione, ma le colloca in un quadro più ampio dove l’extra-alberghiero non è antagonista dell’hotellerie tradizionale, bensì un suo complementare vitale, capace di irrorare anche gli angoli più remoti del Bel Paese. In un’Italia che cerca di valorizzare il suo immenso patrimonio diffuso, la vera sorpresa è forse realizzare quanto questa forma di accoglienza, spesso vista solo come business, sia in realtà un potente strumento di rinascita culturale ed economica, tessuto connettivo tra globale e locale, tra viaggiatori in cerca di storie e territori desiderosi di raccontarle.
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